Adeguamento buoni pasto nel 118…

Consumare un pasto nella sanità pubblica per gli operatori del 118 che prestano servizio sulle ambulanze, automediche, e servizi assimilati (soprattutto chi svolge il doppio turno di 12 ore e oltre di giorno o notte), sta diventando sempre più difficile e dispendioso per via dei continui aumenti del costo del cibo ma anche per trovare semplicemente il tempo per consumare un pasto veloce, grazie purtroppo anche all’aumento esponenziale negli ultimi anni della “richiesta di prestazioni” ai servizi di emergenza. Una recentissima ordinanza di Cassazione potrebbe dare qualche speranza perlomeno “economica” agli operatori se adeguatamente impugnata da sigle sindacali e associazioni di categoria, anche seguendo eventualmente le contrattazioni gia in essere di altri comparti.

Ordinanza Cassazione Civile

Il buono pasto per i dipendenti pubblici rappresenta un’agevolazione necessaria a conciliare il lavoro e il benessere psicofisico del lavoratore per proseguire l’attività, se il turno dura più di sei ore infatti lo stesso ha diritto a un intervallo non lavorato. Principio ribadito dall’ordinanza della Cassazione Civile Ord. Sez. L Num. 32113 – 31/10/2022

La Corte si è già pronunciata confermando la decisione di merito che, ai fini del riconoscimento del buono pasto a un dipendente adibito a turni orari 13/20 e 20/07, aveva considerato coessenziale alle “particolari condizioni di lavoro” di cui all’art. 29 del contratto collettivo del comparto Sanità del 20 settembre 2001, integrativo del c.c.n.l. del
7.4.1999, il diritto a usufruire della pausa di lavoro, a prescindere dal fatto che la stessa avvenisse in fasce orarie normalmente destinate alla consumazione del pasto o in fasce per le quali il pasto potesse essere consumato prima dell’inizio del turno; accertato, quindi, il diritto alla fruizione dei buoni pasto per ogni turno lavorativo eccedente le sei ore!

I lavoratori contestano la decisione per violazione di legge (art. 8 dlgs n. 66/2003; art. 68 co. 2 DPR n. 384/1990; art. 33 DPR n. 270/1987) in quanto la stessa prevede che il diritto alla pausa pranzo è fruibile non appena il turno di lavoro supera le sei ore, non rilevando né che il lavoratore lo richieda né la modalità di svolgimento del turno.

«In tema di pubblico impiego privatizzato, l’attribuzione del buono pasto, in quanto agevolazione di carattere assistenziale che, nell’ambito dell’organizzazione dell’ambiente di lavoro, è diretta a conciliare le esigenze del servizio con le esigenze quotidiane del dipendente, al fine di garantirne il benessere fisico necessario per proseguire l’attività lavorativa quando l’orario giornaliero corrisponda a quello contrattualmente previsto per la fruizione del beneficio, è condizionata all’effettuazione della pausa pranzo che, a sua volta,
presuppone, come regola generale, solo che il lavoratore, osservando un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore, abbia diritto ad un intervallo non lavorato» (Cass. n. 5547 del 2021; v. altresì Cass. n. 15629 del 2021);

ciò perché il diritto alla mensa ex articolo 29, comma 2, c.c.n.l. integrativo sanità del 20 settembre 2001 è (invero) collegato al diritto alla pausa, di qui il rilievo del d.lgs. 8 aprile 2003 nr. 66 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro), articolo 8, a tenore del quale il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore, ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto;
le modalità e la durata della pausa sono, poi, stabilite dai contratti collettivi di lavoro e, in difetto di disciplina collettiva, la durata non è inferiore a dieci minuti e la collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo;

Nel caso che il turno superi la 12, 13, 14esima ora?

Nel comparto sanità nessuno si è mai espresso in tal senso, tranne l’ARAN se non in responso negativo, ma nel comparto sicurezza già da tempo a chi supera di oltre 3 ore il proprio turno di lavoro ordinario (6 ore) viene corrisposto un ulteriore buono pasto e/o indennità di disagio.

Quadro normativo. La Lettera Circolare del capo dipartimento DAP del 19/3/09 prevede che al personale (nello specifico della polizia penitenziaria) trattenuto in servizio per almeno 3 ore oltre il turno giornaliero di 9, spetti, in assenza di un servizio mensa, un ulteriore buono pasto (del valore di 7 euro cadauno dal 2019), in misura non superiore a n.25 al mese, più un’indennità di disagio pari ad €.15,00 (nel 2010) nei limiti degli stanziamenti di bilancio. In definitiva, però, negli ultimi anni il secondo ticket, in molti casi, è stato sostituito a tutti gli effetti da questa indennità, Doppio buono Pasto e/o indennità di servizio;

“Si osserva che la ratio del riconoscimento del diritto a fruire della mensa (o del buono pasto sostitutivo) fa riferimento all’impossibilità di interrompere il servizio al fine di recarsi presso il proprio domicilio per consumare il pasto.”

Non sarà il caso di adeguare in sanità il costo del buono pasto e la fruibilità degli altri comparti?

Siete d’accordo? scrivetecelo nei commenti…


Co.E.S Lazio Emergenza Sanitaria

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